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      Delle rimanenti un pajo, e le più gradite, che si consumano a tavola, prendo a governarle io col presente trattato.
      Da ciò vorrei inferire che con quattro o cinque altri libri come questo avrò dato al mondo la scienza di tutta la vita, e la mia missione sarà giunta al suo fine. Si vorrà oppormi di primo colpo che di Galatei ve ne sono già due, e famosi; quello del Casa e quello del Gioja. E invero, se fossero due opere corrispondenti alla loro fama, ve ne sarebbe già una d’avanzo: eppure ne abbisogna ancora una terza, perchè la prima non si legge più, e non si può più leggere la seconda. Non si legge la prima per essere una cosuccia magrina, mingherlina, da fanciullini, un vero abecedario della creanza; oltre di che è scritta in una lingua e in uno stile che, quantunque facciano sdilinquire di tenerezza gli intelligenti, oggidì non sarebbero da augurarsi a nessuno; perchè, a dirla fra noi ignoranti, contengono il secreto di addormentare alla prima pagina, meglio del più destro magnetizzatore.
      Quanto al Gioja, il suo libro è così poco italiano, il suo porgere così fiacco, stracco e bislacco, sono scelte così male le sue citazioni, e i suoi mille aneddotini così insignificanti, e così abbondante quella sua aritmetica ficcata negli affari di sentimento, che, a leggerlo tutto è un lungo supplizio, per non dire una fortissima impresa, come a salire l’ultima vetta del Monte Bianco.
      Però non crediate che io neghi il mio rispetto a una celebrità ancora calda, o non ancora raffreddita abbastanza: oh, mai!


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L'arte di convitare spiegata al popolo
di Giovanni Rajberti
Editore Bertieri Milano
1937 pagine 212

   





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