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      Per giugnere a così deplorabile risultato, partono dal dato fallacissimo che, mettendo intorno alla tavola venti scranne bene unite e serrate, vi stanno tutte: quasichè una persona di oneste dimensioni, non debordi dalle meschine seggiole moderne delle nostre camere: e quasichè, anche non debordando, si possa far senza di un certo spazio tra l’uno e l’altro per distaccare i gomiti dalle costole. Che se fra i commensali vi sono donne fornite di molto sentimento e uomini consunti al par di me, si finisce a levarsi da tavola storpiati, coll’asma e coi crampi. Io, quando prevedeva siffatte angustie, teneva il sistema di collocarmi a un angolo della tavola in modo da aver disimpegnata almeno la destra: ma ciò non si può far sempre, e non dimenticherò mai di essermi una volta trovato così stretto e compresso fra due signore, che dovetti schizzar fuori dalla fila, mandando indietro due spanne la mia sedia, e tenendomi lontano dalla tavola, per modo da non parer quasi che vi partecipassi. Quando volevo allungare la destra sulla tavola, bisognava che mi mettessi in profilo sul lato sinistro, e viceversa quando innoltrava la sinistra. Se poi occorreva di allungare ambedue le braccia, mi toccava di attortigliarle, come fanno le mosche quando si fregano le zampine una sull’altra. Per colmo di sciagura, una delle due signore, fra le quali, cioè dietro le quali, mi trovava, mi tenne certi propositi di estetica trascendentale, da farmi venire i sudori freddi. Giunse a dirmi che le parve sempre cosa strana e inconcepibile come a questo mondo si debba aprire la bocca per quella trivialità tanto prosaica del mangiare e bere.


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L'arte di convitare spiegata al popolo
di Giovanni Rajberti
Editore Bertieri Milano
1937 pagine 212