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      La seconda, più naturale, composta di elementi primitivi e sinceri, è una bellezza meridionale, robusta, dalle tinte vermiglie, dalle forme tondeggianti, dagli occhioni neri che ti incendiano con uno sguardo. La minestra nobile (vedi sapienza pratica!) siccome suol precedere a un forte pasto, è una cosa leggiera leggiera, e si serve in poca quantità: perciò la dissi esordio d’una lunga predica. Ma la plebea è assai più sostanziosa e sapida, e se ne mette in tavola una grande marmitta, perchè suol essere per sè stessa base integrante del pranzo, e già ne contiene molte parti quasi in embrione, coi suoi molteplici elementi: talchè la chiamerò una brillante sinfonia d’opera buffa, che vi accenna e abbozza i principali motivi che avranno più ampio sviluppo nello spartito. Io ti confesso che in questo argomento sono democratico radicale: amo di quando in quando, a titolo di varietà, la minestra nobile, anche per giudicare l’abilità di un cuoco: ma il mio cuore piega alla plebea: è il sangue che parla. Dico però che una minestra plebea messa in capo a un pranzo aristocratico sarebbe un felicissimo innesto, la migliore fusione di opposti principii che il moderno incivilimento potesse mai ottenere.
     
      Finalmente compajono i lumi: lode al cielo, perchè si cominciava proprio ad essere colpiti dal flagello delle tenebre. Spero d’ingannarmi.... no, no: è sego; numero sei candele di sego! e ciò nel secolo dell’olio purificato e delle magnifiche lucerne, del gaz, dell’idrogene liquido, della stearina, senza parlare della classica e sempre rispettabile cera!


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L'arte di convitare spiegata al popolo
di Giovanni Rajberti
Editore Bertieri Milano
1937 pagine 212