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      Tu ora vorrai sapere quale sia il tempo più opportuno per servire il salato. Ti dico dunque che il salame rassomiglia un poco ai Greci che per Ausoniæ fines sine lege vagantur. Non c’è regola fissa: intanto non è del buon genere il darlo in principio, quantunque io sia pronto a chiudere un occhio su di ciò, semprechè lo si serva in poca quantità, e che subentri subito un’altra portata, insomma che non si lasci lì una rispettabile comitiva per tanto tempo a tapezzarsi le viscere di fette e fettine e fettaccie di majale freddo. Alcuni lo danno a metà circa del pranzo; altri l’abbandonano al caso, cioè al capriccio del primo che propone di servirsene, e perciò lo collocano tra i piattini di guarnizione (burro, acciughe, mostarda, peperoni, ecc.), il cui complesso chiamasi dai Francesi hors-d’œuvre, e che la barbara lingua degli osti giunse a tradurre in ordovo. Ma la sua più natural destinazione sarebbe quella di fare direi quasi l’ufficio che spetta nelle battaglie all’artiglieria volante: la quale corre a norma del bisogno sui punti più mal difesi. Dove il servizio langue per ritardo e si resti lì a guardarsi in viso in attenzione di qualche vivanda, allora per fuggire l’ozio detestabile si serva il salato. Ma per aprirti proprio su questo tema tutti i secreti del mio pensiero, voglio dirtene ancora un’altra e poi finisco. Senza punto derogare agli elogi da me fatti a questo cibo, mi sembra che in giorno d’invito si potrebbe dispensarsene affatto, perchè insomma è commune, triviale, e qualunque mascalzone può procacciarselo da un momento all’altro, e forse metà de’ tuoi commensali l’hanno già mangiato questa mattina a colazione.


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L'arte di convitare spiegata al popolo
di Giovanni Rajberti
Editore Bertieri Milano
1937 pagine 212

   





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