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      ... pensateci, e di questi poi ne troverete tanti altri: io sono stanco di noverarli. Fatto sta che se le portate sono molte, è un vero sgomento a pensare quanto duri un pranzo: perchè, mentre dai grandi signori dodici piatti sembrano sei, dal popolo sei piatti sembrano più che dodici. A me è occorso le tante volte di stare a tavola più di tre ore. Vi pare poco? ebbene, mi accadde in occasioni di nozze di starci più di quattro ore. Non vi fa ancora meraviglia? ebbene i tesori della mia esperienza sono inesauribili: in campagna da grossi fittabili che celebravano contratti di formaggi (se male non mi ricordo) io ho assistito a uno di quei pranzi dove le ore non si contano più perchè trattasi di porsi a tavola a sole meridiano, e trovarsi ancora là a notte fitta. E per numerosi che fossimo, c’era da mangiare per dieci volte tanti. Oh quanto bue, quanto vitello, quanto majale, quanto vino grosso, quanti capponi, quante anitre, quanti tacchini, e che catasta di mascarponi, e che lago di fior di latte densissimo (pànera doppia)! Infine poi, per coronare l’opera, un boccale per testa d’un così detto caffè levante bollito in una gran caldaja. Desinari d’indole ciclopica, titanica, che risentono di epoche anteriori a qualunque tradizione storica, che opprimono come l’incubo solamente a rammentarli: tanto più noi, omiciattoli degeneri e flosci delle città, sentenziati dal Gozzi per Saporiti bocchini e stomacuzzi — Di molli cenci e di non nata carta.
      Lasciò scritto un sapientissimo autore che la mensa è quel luogo dove non si patisce la noja durante la prima ora.


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L'arte di convitare spiegata al popolo
di Giovanni Rajberti
Editore Bertieri Milano
1937 pagine 212

   





Gozzi Saporiti