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      Sapete, miei cari, qual’è la vera e principale differenza che passa fra i due libri? il primo lo leggeste nel 1845, il secondo nel 1850. Mutatis vicibus, cioè scambiate le epoche, vi accerto che avreste riso assai più alla mia tavola, e avreste trovato abbastanza insulso il panegirico del gatto. Dunque, dirà taluno, adesso c’è almeno l’inopportunità di tempo per un’opera burlesca. Adagio, che non va bene neppur questo, e lo proverò più avanti.
     
      Ma appunto perchè ora avete il palato avvezzo allo stimolo forte dell’acquavite amara, trovate insipido un buon bicchiero di vecchio bordò; e taluno ha applicato al mio libro l’epiteto omicida di frivolo: non vi dico altro! Sono appena due mesi che lessi stampato quell’aggettivo, e mi fece già tanto male che diminuii di peso quindici libbre e mezza, stadera di Monza. Fatemi dunque la grazia di permettere che io lo confuti un pochettino, e me lo levi dalla coscienza, perchè se continuo a consumarmi con eguale rapidità, da quì a un anno, e anche prima, mi troverò emulo di una farfalla non solo nella morale frivolezza, ma anche nella leggerezza materiale. Quando, a cagion d’esempio, un naturalista trova un insetto non ancora conosciuto dalla scienza, e forse notissimo a un gran numero d’ignoranti, lo descrive, lo classifica, gli dà un nome e un cognome, lo fa disegnare, e ne fa parte alle principali academie, le quali lo ricambiano di congratulazioni e pergamene. Ma a nessuno viene in capo di chiamarlo frivolo, perchè il vero è sempre importante: e beato chi può allargarne i confini già noti, anche solo d’una linea.


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L'arte di convitare spiegata al popolo
di Giovanni Rajberti
Editore Bertieri Milano
1937 pagine 212

   





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