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      Molti studiano di proposito, e questi ordinariamente riescono meglio che noi del popolo, perchè hanno più facili e abondanti mezzi d’istruzione, perchè fanno per elezione e simpatia ciò che moltissimi fanno per bisogno di un grado academico, perchè non li svia dalla meditazione la necessità di tradurre la scienza in quattrini. La sola città di Milano vanta nel patriziato un bel numero di nomi individualmente illustri. La maggior parte poi, viaggiando e leggendo, anche solo per passatempo, trattando con dotti e uomini di spirito, acquistano quanto basta di tatto sociale e d’infarinatura enciclopedica per essere interessanti nella conversazione, e non cadere in pregiudizii grossolani. Ma tutto ciò non impedisce ancora che si perpetui qua e colà la bella tradizione del bue d’oro: e sarebbe quasi un peccato che si perdesse affatto questo classico tipo, che nel suo genere è qualche cosa di eminentemente comico e originale. Pel bue d’oro tutto concorse a renderlo magnifico: l’adulazione servile che lo cullò fino dalla infanzia: la connivenza del pedagogo che, se non fu del tutto bestia egli pure, prevedeva nel discepolo il futuro padrone che gli avrebbe assicurato un commodo riposo in vecchiaja, e perciò ne lusingava l’ignavia e la caparbietà; quell’isolamento che gl’impedì l’attrito prezioso del confronto, dell’emulazione, della vergogna: quel non essere mai stato all’università a sentirsi a dare almeno dai condiscepoli del tu, dell’asino e dell’imbecille, o anche a esibire quattro calci nel di dietro (cose tanto ricordevoli e salutari per la superbia di tutta la vita): aggiungasi una specie d’istinto a schivare anche nella propria sfera i migliori di lui, e a farsi amici quelli dell’istessa tempra: aggiungasi che la coscienza dei milioni inspira allo sciocco una sicurezza di sè, una petulanza, un profondo convincimento della propria sterminata superiorità su chiunque viva della fatica o dell’ingegno: aggiungasi che coloro i quali avrebbero la capacità di raddrizzargli le idee storte, si guardano bene dal tentarlo per non perderne la protezione, e poi perchè a nulla gioverebbe, mentre sarebbe necessario rifundere tutto l’uomo.


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L'arte di convitare spiegata al popolo
di Giovanni Rajberti
Editore Bertieri Milano
1937 pagine 212

   





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