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      Il più bello è quando il padrone di casa fa egli stesso il panegirico del proprio pranzo. Un convitato dirà: «Buono assai questo vino»; e il padrone: «Capperi, lo credo anch’io, e come costa caro! è vino vecchione di Groppello, proprio del migliore che fa l’Arcivescovo; e non lo si dà a chiunque, veda: è una fortuna che io conosca il fattore di Sua Eminenza che ogni anno me ne mette in serbo un barile: insomma, per vino nostrale e pasteggiabile, non permetto ad anima viva di berne uno più amabile, più morbido, più salubre di questo. Osservi, che limpidezza, che colore di rubino; senta che abboccato: è che non ci si pensa perchè va giù come il latte.» Un altro loderà il manzo; e il padrone: «Ma le dirò io: è che io mi provedo alla macellarla mastra del tale che serve anche la Corte fornita sempre delle bestie migliori: e poi non basta: col beccajo non si scherza, e bisogna ai suoi tempi, a pasqua, a ferragosto, a natale andar giù gobbi colle mancie, come fo io: se no, invece di buona carne vi danno ossa, giunta e nervacci, che è una maledizione. E così quando il capo-giovane ha uno spicchio di petto che ruba gli occhi, o una coppa da trinciar col cucchiajo, la mette in disparte per me e, non fo per dire, io ho sempre un manzo-fagiano, che migliore non si può mangiarlo nemmeno alla tavola di un marchese.»
      L’elogio delle vivande conduce facilmente a descrizioni sul modo di cucinarle; e non è raro che la padrona di casa si spoetizzi enumerando gl’ingredienti d’un intingolo o d’una pasta, e le loro dosi, e il come si faccia a combinarle: per esempio: «Ecco come si fa: si pigliano tre uova fresche, tanto il tuorlo quanto l’albume, e si sbattono ben bene in una scodella con una zaina e mezza di latte che non sia stato spannato, due cucchiajate di zucchero, un poco di drogheria fina, due terzi d’un mostacciuolo trito, e sale in proporzione: poi si mette una mezza libbra di fiore di farina sulla tavola ben netta, le si fa un buco piuttosto grande nel mezzo, e si versa dentro il liquido, e poi si incorpora a poco a poco, e poi.


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L'arte di convitare spiegata al popolo
di Giovanni Rajberti
Editore Bertieri Milano
1937 pagine 212

   





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