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      Signor avvocato, ne tira giù una sola? so ben ch’ella burla: subito un altro pajo; oh, in queste cause le proibisco di appellarsi: che diamine, perchè non mangia nulla oggi? pretenderebbe forse di distruggere il proverbio sull’appetito e sui denti degli avvocati? Ma la vera morte di queste polpettine è a mangiarle fredde a colazione, che si tagliano così bene a fettine, con un po’ di sale, con quell’unto che si rapprende in gelatina; insomma è una cosa da augurarsi per quel quarto d’ora sordi e muti e privi di tutti i sensi fuor del palato, affinchè l’anima si concentri tutta nella bocca. Ma, donna Eufrasia, coraggio! per quell’affare ci pensa il signor Onofrio; aggradisca una polpettina, almeno una: non dimando un regno, non le chiedo il cuore, ma solo di assaggiare una polpettina: mi farebbe questo torto di ricusarla?» (Mie care Eufrasie, quando vi capita qualche inconveniente agli abiti, applicategli la politica moderna dei fatti compiti: già nemmeno il diavolo vi rimedia, per il momento: dunque disinvoltura e forza d’animo, e non mostrarvi sciocche, e non rattristare gli altri col diventar taciturne e ingrugnate).
      A proposito di polpette: alcuni vorranno sapere se a un pranzo un po’ distinto sia lecito servirne un piatto. Il quesito è bello, e credo anche nuovo, giacchè non conosco alcun filosofo che lo abbia trattato mai. Dico dunque che, stando all’uso, non si dovrebbe farlo, perchè l’uso, cioè la pazza moda, ridusse la nostra cucina ad essere imitatrice servile della cucina francese.


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L'arte di convitare spiegata al popolo
di Giovanni Rajberti
Editore Bertieri Milano
1937 pagine 212

   





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