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      i fuori; e solo a vederlo da lungi si capisce che ve l’ha regalata il droghiere a natale, e che è un vino fabricato nella sua cantina. Un’altra avvertenza importante. Chi non è ben certo della patria e del carattere e del merito delle proprie bottiglie non dovrebbe mai versarne una, se prima non sia stata provata e riconosciuta degna: senza di che si arrischia di far bevere agli ospiti dio sa che robaccia. Molti si accontentano di sapere che il vino suggellato è, senz’altro, il vino buono: tengono in cantina una quantità di bottiglie senza indicazione di età o di provenienza, miste là insieme come le anime del purgatorio: e quando danno un pranzo, ne levano alcune a casaccio, e le servono in tavola. Ah compendii d’ignoranza e di stoltezza! è questo il modo di tenere e di adoperare la vostra libreria? sapete voi se siano vini placidi o ardenti, e a qual momento del pranzo si debbano versare? sapete se siano acerbi di stagionatura, o passati? sapete se questa o quella bottiglia sia svaporata, o divenuta aceto? Non sanno nulla, i traditori. Sapete finalmente che qualche bottiglia potrebbe non esser vino, e contenere o del rhum, o una conserva, o una salsa? Sentite un aneddotino.
      Un dopopranzo io passeggiava con un buon amico, che mi lodava a cielo un vino di Valle Polesella da lui fatto imbottigliare qualche tempo prima: l’aveva fatto assaggiare a molti, e tutti ne facevano le congratulazioni: infine concluse che si andasse subito a giudicarne. Un passo dopo l’altro, si va: scende egli stesso a prenderne una bottiglia, perchè in queste cose non bisogna fidarsi di nessuno; e nel versarne due bicchieri, mi dimanda: «Te n’intendi tu di vini?


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L'arte di convitare spiegata al popolo
di Giovanni Rajberti
Editore Bertieri Milano
1937 pagine 212

   





Valle Polesella