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      Altro che nata mecum, consule Manlio, anphora! Tu sei nato tre anni prima di me, consule Napoleone Magno che valeva mille Manlii, e un milione di anfore o di fiaschi, che è poi lo stesso. Ma sai tu che, per essere un vino, sei di un’antichità così prodigiosa come le piramidi di Egitto, e il carnevale di Venezia, e le rovine di Persepoli, e l’incendio di Pentapoli? Vino dell’ottocentodue, che stai per morire carico di anni e di meriti come l’uomo giusto, senti bene cosa ti dico io: Quando penso all’epoca che andavo a scuola a far raccolta di pugni e schiaffi e bacchettate perchè mi infastidiva del verbo fastidio e non capiva mai i tradimenti del verbo capio capis, mi sembra che ci sieno passati sopra dei secoli: e tu, vino, eri là ad aspettarmi; anzi eri già un vino vecchione. Vo ancora indietro indietro con la memoria fino all’età infantile, quando mi mandavano vestito da donna, tempo che all’incerta e confusa reminiscenza si richiama come annebbiato e favoloso per enorme lontananza: e tu, vino di una longanimità infinita, eri là tranquillo ad aspettarmi. Che dico? mio padre era forse ancora filosoficamente nemico del matrimonio: mia madre non sapeva neppure che il mio cognome esistesse: e tu, Melchisedecco.... cioè Matusalemme dei vini, stavi là ad aspettar me: me, bestia ingrata, o almeno spensierata cui non passò mai nella fantasia ottusa la possibilità di tua esistenza. Oh non sarà più così nell’avvenire, te lo dico io, veh! Ti prometto, e guarda quanti uomini di talento e quante belle donne stanno quì ad ascoltarmi con la bocca aperta, che se io dovessi campare gli anni di Noè inventore del vino e dell’ubriachezza, non dimenticherò più questa sera e questo ottocento due.


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L'arte di convitare spiegata al popolo
di Giovanni Rajberti
Editore Bertieri Milano
1937 pagine 212

   





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