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      Sul solo caffè ci sarebbe a scrivere un trattato, e se ne sente davvero la mancanza: quale sarà il fortunato ingegno che s’affretterà a cogliere questa palma tutta vergine e bella? giacchè se per un verso l’argomento è importante, per un altro il buon popolo è ancora bambino in questo ramo di scienza. Io, poichè il tempo stringe, e mi sento abbastanza affaticato sotto al peso soverchio dei molteplici allori, lasciando libero il campo a più giovani e robuste penne, non farò che rapidamente toccare la materia per sommi capi; tanto che gli uomini e massime le signore di buona volontà possano averne un cenno almeno elementare. Comincio a far riflettere che c’è poca filosofia in quelle tante famiglie che servono a tavola il caffè. Nella saggia economia del diletto è ammesso come assioma di non esaurirlo d’un fiato solo, ma di gioirne pacatamente, con commodo, e di lasciare alla fine qualche piccolo desiderio da soddisfare ancora. Dunque, perchè s’ha proprio da far tutto a tavola? È la maniera di farci levare da mensa mogi mogi e imminchioniti, con un certo vuoto, se non nel corpo, almeno nell’anima, per il pensiero di aver finito. È ben altro affare, quando il commensale alzandosi pensa deliziosamente: «Adesso si va a prendere il caffè». Dico bene? a me pare che le mie ragioni sieno di una chiarezza ed evidenza tale, che se argomentassero così nelle altre scienze, non si lascerebbe più luogo a controversie. Mi ricordo bene di aver condannato l’uso di stare troppo tempo a tavola: ma non è meno riprovevole il sistema di alcune case, per le quali il pranzo sembra essere una contingenza affatto secondaria, e quasi un debito antipatico da pagare colla massima fretta per non pensarvi più: via una cosa, l’altra; via una cosa, l’altra; e mentre si sta pelando una castagna, ci vengono addosso col caffè. Ma che furia! facciamo i nostri affari con calma e ponderazione: il caffè lo prenderemo di là, da qui a un quarto d’ora: lasciate un poco di riposo al gusto e all’olfatto per renderli meglio idonei a valutare tutto il merito d’una sensazione d’indole tanto differente.


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L'arte di convitare spiegata al popolo
di Giovanni Rajberti
Editore Bertieri Milano
1937 pagine 212