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      La fragranza gentile e poetica del levante s’ha da profanarla in questa atmosfera prosaica e ormai corrotta da tutti gli odori delle vivande? Insomma, intendiamoci chiaro: per il pranzo noi non vogliamo essere assoldati a giornata, no: ma nemmeno a cottimo, chè si precipita e si strappazza troppo il mestiere.
      La padrona di casa, o chi per lei, sorvegli e proveda perchè il caffè (di ottima qualità e immune da qualunque avaría) sia recentissimamente abbrustolito e macinato: così conterrà ancora tutta la sua preziosa untuosità, nè avrà difuso troppo di profumo a benefizio dei profani o dell’aria, e a scapito nostro. Occhio e diligenza all’abbrustolimento che non trascenda oltre al dovere: nel qual caso funesto si otterrà una semicarbonizzazione con perdita di tutta la parte aromatica: e, fosse anche Moka divino, nel beverlo ci parrebbe un detestabile infuso di peluje di marroni arrostiti.
      Il caffè sia forte, intenso; tale essendo il bisogno dei palati e dei ventricoli robusti, e chi non sa reggervi è padrone di prenderne appena un sorso: sia bollente, che s’abbia da bere a centellini, e al tempo stesso ben deposto e decantato, poichè il nuotarvi ancora dentro la polvere è difetto capitale. Per giugnere a tutti questi scopi che sembrano incompatibili tra loro, bisognerebbe fare il caffè a macchina: difatti sarei del savio parere di proscrivere quelle cogomacce di rame stagnato che versano il caffè da quella specie di nasaccio capovolto che lascia evaporare la parte oleosa, volatile.


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L'arte di convitare spiegata al popolo
di Giovanni Rajberti
Editore Bertieri Milano
1937 pagine 212

   





Moka