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      Va dunque, libretto mio, buono o cattivo, ragionevole o assurdo che dirti vogliano, va e gira più che puoi. Salutami tutti gli amici lontani, e prova loro che io sono ancora vivo in quanto a uomo, e non ancora perfettamente morto in quanto a scrittore. Soprattutto ti raccomando di annunziarti come aspettato in tante case di preziose conoscenze da me fatte nei giorni 17 e 18 dello scorso settembre (1845) a bordo del Castore, che ci portava al settimo Congresso dei dotti italiani. Era commovente lo spettacolo a veder circa duecento passeggeri, che correvano da Genova a Napoli colla velocità di dodici miglia all'ora, allo scopo sublime di mandare innanzi la scienza.
      Che se per avventura la scienza sola fosse restata tranquilla al suo posto, noi pratici della sua pigrizia ed educati alla rassegnazione, non dimenticheremo mai quel magnifico mare, quel purissimo cielo, quell'isole amene, quelle deliziose costiere, quello splendido sole, quella luna piena, quel vino buono, quel tanto ridere e cantare, quel bivaccare tutta la notte sopra coperta, e specialmente quella sublime fraternità (italiana, s'intende) stabilita dalla scienza e dal mal di mare. A meglio condire le quali cose concorrevano forse una dozzina di signore veneziane, lombarde, piemontesi, delle quali alcune bellissime, tutte spiritose e gentili, e animatrici di quella scena tanto memorabile nella nostra fredda e monotona vita.
      A chiunque mi dimandava che cosa fosse per procreare la mia musa, io rispondeva: un gatto. E appena restituito al focolare domestico, diedi l'ultima mano al mio lavoro.


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Sul gatto
Cenni fisiologici e morali
di Giovanni Rajberti
Editore Bernardoni Milano
1846 pagine 98

   





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