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      Ci fu concesso come dono dal cielo, e lo disse un poeta ozioso quando cantava colle mani sul ventre Deus nobis haec otia fecit. E appunto perché io mi sento indegno di celebrar le sue lodi, voglio che dall'autorità di un altro gran poeta sia avvalorato il mio assunto. Il Tasso, in un suo poemetto pastorale, fra le tante virtù di una celebratissima ninfa annovera anche l'ozio:
     
      Ama Corinna l'ozio, e l'ozio è in cielo:
      Ma la fatica s'ange in sulle porteDel tenebroso inferno, ove dolente
      Sta fra la schiera d'infiniti mali.
     
      Si può dire di più o di meglio? Non vi pare che in questi pochi versi si racchiuda un intero sistema di morale? Non sarebbero un bellissimo testo da porre in capo a un trattato d'industria o di scienze economiche? Che se qualche pusillo si adombrasse, e pigliasse scandalo per questo mio liquefarmi di tenerezza al pensiero dell'ozio, dirò che non intendo già lodar l'ozio turpe, oibò! ma solamente l'ozio filosofico e saggio. Il primo consisterebbe nel non far nulla: il secondo (distinguete bene) nel non aver nulla da fare. L'ozio turpe sarebbe detestabile se potesse darsi in natura, ma è inconcepibile come il nulla, e fortunatamente non esiste. Vengo alle prove. Fingete l'uomo il più neghittoso e disoccupato che dar si possa, sdraiato sopra un letto, senza moto, senza pensiero, e che nemmeno dorma, poiché ciò sarebbe già un far qualche cosa di proposito. Ebbene, se voi lo credete ozioso nella significazione volgare e abbietta della parola, v'ingannate a gran partito.


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Sul gatto
Cenni fisiologici e morali
di Giovanni Rajberti
Editore Bernardoni Milano
1846 pagine 98

   





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