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      Invito la gatta ad avvicinarmisi, ma invano; le mostro la fetta di salame, e non ottengo nulla; mi metto a chiamarla per nome coi più affettuosi vezzeggiativi, e «povera micia, e povera micina, e povera miciona, e pc pc pc... »(3): fiato perduto. Allora piglio la risoluzione di andar io da lei, e mi getto nuotando in quel mare di fieno, postami prima la fetta di salame tra i denti. E poco mancò che non la perdessi tra quei vortici, per la gran voglia di ridere che mi assalse pensando come nello stesso modo Giulio Cesare salvasse a nuoto i suoi Commentari. Giunto all'abbaino, la bestia, per un tratto commovente di simpatia e confidenza, si lascia prendere: me la stringo al seno con precauzione e fermezza, mi rotolo alla meglio giù pel fieno, con grave rischio di farmi graffiare le mani e il volto, chiudo la gatta nel paniere e grido con soddisfazione: «l'affare è fatto!».
      Si va a dirittura alla casa dell'amico, la donna innanzi col suo carico, ed io dietro lontan via, e facendo l'indiano. Per la strada era un miagolare strepitoso; e la gente si fermava rideva, improvvisava giudizi temerari, fino a dire che di quella lepre sgraffignona si sarebbe fatto uno stufato. Giunti alla destinazione, si versa la gatta nella stanza assegnatale, si chiude a chiave, si parte. La sera (sentite questa), quando fu messo un poco d'ordine nel nuovo appartamento, ritorno per ricondurre nello stesso modo micina. Mi accosto all'uscio, tendo l'orecchio, la chiamo più volte, e non odo più lieve rumore.


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Sul gatto
Cenni fisiologici e morali
di Giovanni Rajberti
Editore Bernardoni Milano
1846 pagine 98

   





Giulio Cesare Commentari