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      Le guerre, siano chi si vuole i nemici e i combattenti, riescono sempre argomento fiero. Però il ciclo carolingio s’impronta d’una serietà e severità, che desta in noi un sentimento simile a quello di cui siamo compresi sotto le volte d’una cattedrale gotica, quando calpestiamo le immagini stecchite di uomini armati, scolpite rozzamente sulle pietre che ne chiudon le tombe. Qui si ride ben poco. Il sentimento religioso ha un’importanza grandissima; rende prodi, ma spesso anche crudeli, e riduce di regola ad essere rappresentati con tinte punto seducenti quanti non professano la religione di Cristo. Scarsissima la parte delle passioni gentili: il che val quanto dire che le donne vengon di rado in iscena, e non fermano mai durevolmente il nostro interesse.
      Tale ci apparisce il ciclo di Carlo Magno, se ci collochiamo per guardarlo in un punto di dove tutto si abbracci e donde i particolari non si discernano. Seguitandolo nel suo svolgimento, lo vediamo più secco, più grave, più barbaro nei principî. A poco a poco si va ammansando: smette via via la rozzezza primitiva, sì nella forma che nel contenuto, ma pur troppo a scapito delle doti più sostanziali. Per sostituire la rima all’assonanza, rinunzia all’efficace brevità e proprietà dell’espressione. Per desiderio di variare la materia, o svolge certi motivi secondarî, ripetendoli senza discrezione alcuna, tanto da farli diventare luoghi comuni; o introduce elementi estranei, senza poterli amalgamare compiutamente coi primitivi. L’ingegno di qualche rimatore [6] supplisce a volte ai difetti intrinseci, tanto da produrre opere attraenti e assai pregevoli, se non perfette; ma sono eccezioni.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





Cristo Carlo Magno