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      Delle cose narrate dal suo antecessore, Lodovico tien conto o no, a seconda che gli torna; rannoda bensì le sue fila con quelle del Boiardo, ma riserbandosi il diritto di smozzicarle, se gli pare e piace. L’ufficio del condurre a termine un’opera altrui è umile troppo, perché egli ci si possa accomodare. Se ne contenteranno gli Agostini e i Domenichi: non già lui.(48) Checché ne dica il Tasso, egli vuole che il Furioso sia un poema, e non parte di poema.(49) Però principia dove gli sembra più opportuno, senza curare per nulla se la narrazione fu tratta più innanzi. Nello scegliere il punto può darsi che abbia avuto gli occhi all’Iliade. Angelica, cagione di discordia tra Rinaldo ed Orlando, non irragionevolmente richiamava al Pigna Criseide, e la contesa tra Achille e Agamennone.(50) Che il fatto sia già nel Boiardo, non vorrebbe dire; l’efficacia del modello sarebbe solo da cercare nell’aver preso le mosse di qui, piuttosto che da un altro luogo. Comunque sia, fu savio consiglio nell’Ariosto il prendersi tanta libertà colla materia abbandonata dal predecessore. Che il nostro poeta, in quanto fa servire l’opera del Boiardo all’ufficio delle tradizioni popolari e dei canti sparsi che ne sono [42] l’espressione e i fattori, s’accosti alle maniere dell’epica genuina, è cosa che già ebbi a notare. E si badi: a quel modo che quei canti, allorché appare il vero poeta epico, capace di dominare la materia caotica e di crearvi un mondo, cadono a poco a poco in dimenticanza, così anche l’Innamorato, dopo la divulgazione del Furioso, finì per esser messo in disparte.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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