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      Queste divisioni, rammentiamocelo bene, rispondevano, o dovevano aver l’aria di rispondere, a un’interruzione reale della recitazione davanti ad un pubblico. È dunque chiaro che il poeta, dopo aver demolito, ebbe a sentire il bisogno di ricostruire. La negazione, la distruzione, bastano a soddisfarci fino a che durano vive le memorie del passato; ma quando la mente ritorna alle sue condizioni normali, allora trova che un terreno da cui si sono sradicate le erbacce, non è, né un giardino, né un prato. Ebbero un’efficacia diretta gli esempi sporadici che s’incontravano nei poemi antecedenti? Mi par difficile di non supporlo; tuttavia l’efficacia non dovett’esser grande, se solo dopo quindici canti il poeta esordisce una prima volta esercitando la riflessione sulle cose narrate e su quelle che sta per narrare:
      Tutte le cose sotto de la luna,
      L’alta richezza e’ regni de la terra,
      Son sottoposti a voglia di Fortuna;
      Lei la porta apre de improviso e serra,
      E quando più par bianca divien bruna;
      Ma più se mostra al caso de la guerraInstabile, voltante, e roinosa,
      E più fallace che alcun’altra cosa:
      Come se pote in Agrican vedere, ecc.
      (I, XVI.)
      [103] E badiamo: questo esordio si può dire sporadico esso pure, giacché seguono di nuovo parecchi canti, che principiano ancora alla maniera dei primi. È col XXVI che vediamo davvero stabilirsi un nuovo costume. Da quel punto il vestibolo, se posso dir così, non manca quasi mai. Sennonché l’autore ce ne costruisce d’ogni forma e d’ogni stile. Sotto questo rispetto egli non s’impone alcuna legge, non si prefigge schema di sorta.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





Fortuna Agrican