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      L’Epitalamio catulliano diede poco direttamente; contribuì invece assai per vie indirette, [215] trasformandosi prima nella mente di Ovidio. Poi, è qui notevole che il poeta abbia preso in parte di là il proemio del canto in cui l’azione si svolge. È questa la prima volta che gli accade di chiedere un servizio cosiffatto ad uno dei modelli della narrazione.
      I due esemplari indicati costituiscono come una classe prima e più importante. Per un’analisi minuta giova nondimeno dare qualche occhiata anche all’Arianna dell’Arte d’amare (I, 527). E non basta ancora. Lo scoglio di dove, presso Ovidio, la figliuola di Minosse vedeva fuggire le vele dell’infido amante, s’identificò per il nostro poeta con quello donde la misera Ino si precipitava in mare (Met., IV, 525). Così è avvenuto che il sasso di Olimpia (X, 23) ritragga da due modelli. Similmente nel rappresentare lo stato della misera donna, Lodovico pensò qualche volta anche ad un’altra derelitta, all’infelice Scilla (Met., VIII, 104).(655) Del resto, erano ravvicinamenti naturalissimi, perché già accaduti, a quanto pare, nel pensiero di Ovidio.(656)
      [216] Con Arianna non s’è ancora finito del tutto. Ma prima bisogna lasciare che Olimpia sia esposta anch’essa all’Orca sul lido dell’Ebùda, e liberata da Orlando (XI, 28-45; 54-59). L’episodio è semplicemente una variante della liberazione di Angelica, sicché non c’è molto da dire.(657) Sennonché stavolta, sottratte le imitazioni, resta al poeta una parte più considerevole. I creditori, a ogni modo, sono gli stessi: Ovidio,(658) Manilio,(659) e Valerio Flacco.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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