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      Suscita l’idea il vedere che l’antro di Caligorante, del pari che all’antro di Caco,(837) deve in parte probabilmente il suo lugubre adornamento di ossa (st. 45, 49-50) alla caverna del feroce re dei Bebrici.(838)
      [263] Nei romanzi cotali avvertimenti, non solo riescono vani, ma producono precisamente l’effetto opposto, invogliando viepiù l’ammonito di affrontare il pericolo. Che cosa richiedano le leggi cavalleresche, ce lo può dire la risposta che Palamidesse, interrogato sul partito da prendere, dà a Tristano, in un caso di questo genere (Trist., II, f.o 214 r.o): «Et qe devons nous fere, fors aler nostre voie? Se nous lessions ja nostre chemin, nous ne ferions mie come chevalier erranz, mes ferions comme chevalier recreant(839). Nus chevalier errant ne doit lessier sa droite voie, se force ne li fet fere: ce savez vos bien.» Così parlando, Palamidesse non ha fatto che esprimere le intenzioni che erano già anche nella mente di Tristano.(840)
      Neppure Astolfo si smuove punto dal proposito di tirar diritto. Tuttavia la sua determinazione non è prodotta, come per lo più accade negli Erranti, dalla smania d’incontrare avventure o di mettere a repentaglio la vita, e nemmeno è ispirata dal sentimento astratto del dovere. Decide il nostro barone il pensiero del disonore che lo aspetterebbe, ed insieme un confronto generoso tra il male che può venire a lui, e il bene conseguibile per l’universale (st. 47-48). A questo modo l’Ariosto procura di render serio il contenuto di quella cavalleria, contro la quale certi critici senza un grano di critica si divertirono a farlo combattere.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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