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      (846) Anche nei romanzi si può rintracciare qualcosa di analogo, scaturito probabilmente dalle stesse fonti. Un «Sarazin», che sta a guardia della torre dove è custodito «lo blanch astor» nel Blandin de Cornoalla, possiede cotal dote,
      Che non pogra(847) morir jamays,
      O el perdera(848) un dent del cays(849).(850)
      (v. 1533.)
      Se poi Astolfo, vedendo l’impossibilità di distinguere il crine fatale in una testa capelluta, rade colla spada tutta la chioma, mi pare ch’egli abbia approfittato dell’esempio d’Orlando. Il quale, per distruggere il giardino di Falerina, s’era trovato a dover adempiere una condizione non meno difficile. Gli conveniva schiantare un ramo in cima ad un albero così alto, cheD’arco di turco non esce saetta,
      Che potesse salire a quella altura.
      (II, V, 6.)
      E l’albero, per giunta, era sottilissimo, spinoso, e carico di grosse mele d’oro, che piovevano ad ogni minima scossa. Come [266] risolvere il problema? - Chiunqu’altro che Orlando si sarebbe trovato in un bell’imbarazzo. Lui non già. S’accosta alla pianta sotto un graticcio, eTutta a traverso d’un colpo la taglia:
      La cima per quel modo ebbe a schiantare.
      (St. 13.)
      È un’idea luminosa, degna del Magno Alessandro. E tanto è vera la mia supposizione circa la parentela dell’episodio ariosteo col boiardesco, che nell’uno Astolfo, nell’altro Orlando, hanno appreso la condizione dell’esistenza di Orrilo e del giardino da certi libretti, strettissimamente connessi fra loro.(851)
      Accenno di fuga che Sansonetto da Mecca (st. 95) è un personaggio dell’Entree de Spagne e di tutta la sua stirpe.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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