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      Molto analogo è l’impazzimento di Yvain nello Chevalier au Lion. Egli ha mancato alla solenne promessa di ritornare alla sua sposa nel termine di un anno. Però la donna, irritata, gli manda una donzella con una fiera intimazione:
      Yvains, n’a mes cure de toiMa dame, einz te mande par moi,
      Que ja mes vers li ne revaingnes.
      (V. 2767.)
      Oppresso dall’afflizione, Yvain si parte dalle genti:
      Lors li monta uns torbeillonsEl chief si granz, que il forsane;
      Lors se descire et se depane(1533),
      Et fuit par chans et par arees(1534).
      (V. 2804.)
      Impadronitosi di un arco,
      Les bestes par le bois agueite,
      Si les ocit et si manjueLa veneison trestote crue.(1535)
      (V. 2824.)
      Lancilotto è condannato dalle apparenze; Yvain è colpevole, sia pure di sola smemorataggine: siamo dunque lontani assai dal Furioso. Però, quanto alla causa, sarebbe più analoga [397] la pazzia di Mathan li Brun, della quale si narra incidentalmente nel Tristan (I, f.o 189)(1536). Lo sventurato s’affligge a tal segno della perdita di una sua amatissima donzella, toltagli per forza d’arme da Gaheriet, secondo il solito costume del reame di Logres, che ne ammala, e di quella malattia perde il senno.
      Certo tutti questi ammattimenti offrono materia di confronto. Potrebbero esser stati il verme, donde fosse uscita la farfalla ariostea. Ma pure, esaminate bene le cose, si viene a conchiudere che la loro efficacia fu indiretta e indeterminata. Servirono anch’essi - quelli almeno di cui l’Ariosto ebbe conoscenza - a fermare l’attenzione del poeta su cotal genere di casi.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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