Pagina (460/965)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Et se je l’eüsse mengié, si ne me tenisse par a vengie(1650).» Tra i due cavalieri le cose non vanno per ora più là che minacce ed ingiurie. Qualche giorno appresso Pharamont capita ad un castello del re di Norhombellande, in cui si fa gran festa. Piacciagli o no, gli conviene giostrare; e siccome le prove riescono splendide, gli è fatto grandissimo onore. Mentre poi si è a mensa, ecco il brutto cavaliere: «Et trestous ceulx qui aux tables estoient assis, quant ilz le virent venir, si commencerent a crier li uns aux autres, que c’estoit le plus lait chevaliers que ilz eüssent oncques mais veü en jour de leur vivant.» Costui viene al re ed inventa una solenne menzogna: Pharamont - e lo designa - gli tolse la donzella che ora ha seco. Essendo gravemente ferito, egli non poteva resistere colle armi. Bensì aveva pregato di non fare, in nome appunto del re di Norhombellande, [432] signore del paese; e quegli aveva risposto, che giusto lo farebbe in dispregio del re. - Non è a dire se udendo queste cose il re si corrucci; interroga la donzella, ed essa conferma in tutto e per tutto la calunnia. Pharamont, sbalordito, la invita ad andarsene con lui da quel luogo. Ma il brutto vuole gli si faccia rendere la dama, asserendola ritenuta per forza da Pharamont. Questi nega: l’altro suggerisce al re di farne la prova. Il partito è accolto come ottimo. Pharamont stesso prende diletto delle parole del suo rivale: «Car je ne cuidoye en nulle maniere que la damoiselle au deable fust telle comme elle estoit.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





Pharamont Norhombellande Pharamont Norhombellande Pharamont