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      Alle Mille e una Notte si dovrebbe ricorrere segnatamente per via del luogo donde è vista e di quello dove avviene la scena dell’infedeltà della regina; [453] al Furioso, per il motivo appunto della bellezza, donde è mosso e a cui tende il mio discorso. Sennonché ci si troverebbe poi ancora abbandonati per via prima di raggiunger la meta. L’episodio finale, ben più che alle Mille e una Notte, colle quali ha comune la cassa, s’accosta, pur rimanendone assai lontano, alla novella del Sercambi, in quanto la cassa è portata del pari faticosamente sulle spalle dal povero marito. Sarà dunque, credo, da inferirne che la versione ungherese s’è spiccata dal tronco in un punto meno discosto dal piede di quello donde è rampollato l’esemplare sercambiano, e che però la bellezza vi è comune coll’Ariosto per ragione di collateralità, e non già di discendenza diretta.
      Si potrebbe proseguire, e chiedere, se la versione ungherese ci illumini sulla strada che la novella ebbe a tenere per venirsene dall’oriente in Italia. Ma poiché l’Ariosto la trovava già fatta italiana da tempo e la questione pertanto non avrebbe importanza per noi, stimo inopportuno l’intrattenermi su questo punto; e non sto quindi a indagare, se il racconto voglia ritenersi pervenuto direttamente nell’Ungheria dalle regioni asiatiche, o arrivatoci invece attraverso alla nostra penisola.(1698) E così, dopo che il Sercambi è venuto ad illuminarci, non v’è più ragione di fermarsi sull’anacronismo dell’aver fatto che l’oste d’Arli, narratore della novella nel poema ariosteo, dica di averla udita dal gentiluomo veneziano «Gian Francesco Valerio» (XXVII, 137, 139), ossia da un contemporaneo ed amico del poeta.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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