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      S’ha a fare con mostri contro i quali le armi consuete non valgono. Ricordiamoci due casi analoghi nelle avventure di Ruggiero stesso: lo stordimento dell’Orca (X, 107-10),(2055) e quello dei fastidiosi animali dell’isola d’Alcina (VIII, 10-11).(2056) Quanto alla composizione dell’episodio, il corno aggiunge, non muta. Neppure in Valerio Flacco c’era combattimento di sorta; le Arpie fuggivano impaurite hoste novo. L’Ariosto, applicando il corno, venne a motivar meglio la fuga.
      La quale fuga, o piuttosto il relativo inseguimento, ha termine ad una buca, che s’apre alle radici di un monte altissimo. Là dentro le Arpie scompaiono. Che si fossero ricoverate in una caverna - nell’isola di Creta - lo dissero parecchi antichi: Ferecide, Apollonio Rodio,(2057) e non so chi altri. Virgilio non accolse cotale versione; né avrebbe potuto, volendo anche lui valersi delle Arpie in un suo episodio. Tuttavia neppure secondo gli autori citati Calai e Zete inseguivano le fetide [537] creature fino alla buca. Astolfo, non solo ci viene, ma ci penetra, il che significa ch’egli entra nell’Inferno. Qual parte spetti in quest’andata ad Ugo d’Alvernia, s’è visto di già. Peraltro, se si scende alle circostanze, Ugo può tirarsi da un lato.
      La credenza di siffatti accessi ai regni infernali viene dall’antichità greca. Ogni caverna cui si collegassero fenomeni vulcanici di qualunque specie, diventava subito una via per le sedi di Plutone. Il fumo, la pece, lo zolfo (XXXIV, 6), quest’ultimo soprattutto, sono ingredienti comunissimi delle idee popolari intorno ai luoghi di pena e delle innumerevoli leggende medievali che li riguardano.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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