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      Coll’Alamanni e con Bernardo Tasso, i quali credettero pur nondimeno di acquistar lode - e l’ebbero - con opere dove l’invenzione è addirittura nulla, o pressoché nulla, egli non ha che vedere. Bensì verrà sempre più ad apparire che l’inventare di Lodovico non è per solito un abbandonar le briglie sul collo della fantasia. Alla creazione spontanea, spensierata, egli si lascia andare di rado. La sua suol essere un’invenzione riflessa, alla quale, insieme colle facoltà immaginative, partecipa senza posa la ragione; è [613] trasformazione meditata di un oggetto, combinazione, ponderata deduzione. Anziché un poeta per eccellenza fantastico, l’Ariosto è un poeta per eccellenza osservatore e ragionatore.(2340) Però, più che alla poesia cavalleresca, la natura - già si disse altre volte - lo aveva disposto alla satira ed alla drammatica. Di ciò si possono vedere anche nel poema e prove ed effetti, come a suo luogo si venne, notando.(2341) Sennonché alla poesia cavalleresca Lodovico era tratto con seduzione irresistibile dal culto ardentissimo per l’arte. Ogni altro genere imponeva vincoli e limiti: questo offriva esso stesso una varietà infinita di soggetti, e permetteva al poeta di aggiungerne quanti e quali gli piacesse. Qui dentro si poteva piangere e ridere, battagliare ed amoreggiare, ragionare assennatamente e correr dietro alle più matte fantasie, senza mai trovare intoppo in un veto qualsiasi. Tutto il mondo reale ed il fantastico: ecco i soli limiti posti all’attività dell’artista.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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