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      288; RIESE, n. 84); l’altra, di un Floro, «.... pereunt hodie, nisi mane legantur» (Ib. epigr. 291, e n. 87).
      (192) [2] V. I Rispetti continuati del Poliziano (ed. cit., p. 191), soprattutto i due primi; tra gli spicciolati il 27o e 28o, poi la ballata 3a, che conchiude: «sicché, fanciulle, mentre è più fiorita, Cogliàn la bella rosa del giardino.» E dal Poliziano non iscompagnerò il suo amico e patrono Lorenzo il Magnifico, che nella fine del capitolo «La luna in mezzo alle minori stelle» (Opere, ed. Molini, II, 80), imitò tutto il concetto, ed anche le parole, dell’idillio latino de Rosa, citato nella nota antecedente. E in una delle sue Canzoni a ballo si dice alla dama: «Credo che tu sappia appunto Che chi quando può non vuole, Quando passa poi quel punto Rade volte poter suole.» (Ib., III, 153.) È poi notissimo il canto carnascialesco di Bacco e Arianna: «Quant’è bella giovinezza, Che sen fugge tuttavia». Rammenterò pure di nuovo la continuazione dell’Agostini, VII, 42.
      (193) [1] I, 273, 665. Non dimentichiamo tuttavia che l’Ars amatoria fu studiatissima anche nel medioevo; e che tra i vari rimatori che ebbero a tradurla o parafrasarla in francese (V. G. PARIS, Les anciennes versions françaises de l’Art d’aimer et des Remèdes d’Amour d’Ovide, nel volume La Poésie du Moyen âge, p. 189), ci fu anche il principale rimaneggiatore della materia di Brettagna, Crestien de Troie. Nessuna meraviglia dunque che nel Perceval (v. 5041 dell’ed. Potvin) egli metta sulla bocca dell’Orguellous de la Lande queste parole: «Si set-on bien sans nul redout Que fame viuta) vaincre partout Fors en cele mellée seule: Quant elle tient home a la geule, Et esgratine et mort et rue, Si vorroit-ele estre vaincue; Si se deffent et si li tarde, Tant est de l’otroier couarde, Ains viut c’on à force li face, Puis si n’en a ne gré ne grasce.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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