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      Di sei figli, gliene uccise due sotto gli occhi; gli altri quattro ha ridotto in suo potere, e l’indomani ucciderà quelli ancora, se non si trova cavaliere che combatta con lui in loro difesa, o se non gli è data la fanciulla, perché egli l’abbandoni a una canaglia che ne faccia scempio. Per sé non degnerebbe più prenderla. S’intende che Yvain conforta a sperare, promettendo il suo aiuto; e non meno s’intende che l’indomani si prova col gigante e lo uccide, salvando per tal modo e la fanciulla e i fratelli. - Il re di Frisa, che fa da tiranno nel racconto ariosteo, è un personaggio nominato frequentissimamente nei romanzi del ciclo carolingio, ma condannato in perpetuo all’ufficio di semplice comparsa.
      (641) [2] Ne ha dato esempio anche la nota precedente.
      (642) [1] Una fantasia sua propria fu di certo l’aver munito Cimosco di un’arma da fuoco, per prenderne occasione a inveire (lui che pretendevano aver composto il Furioso per mettere in ridicolo la cavalleria!) contro uno strumento così anticavalleresco: IX, 89-91, XI, 21-28. Coi sentimenti dell’Ariosto meritano di essere paragonati quelli che nel mondo cavalleresco medievale destava ciò che delle armi da fuoco teneva allora il posto, vale a dire gli archi e le frecce. Si senta Bertrand de Bar-sur-Aube, Girard de Viane, p. 7 nell’ed. Tarbé, e Hist. litt. de la Fr., XXII, 451: «Cent dehais aita) qui archiers fut premier! Il fut couars: il n’osait aprochier.»
      a) Vada cento volte alla malora.
      (643) [2] Poco giova la Carite di Apuleio, Met., VIII, 1-14.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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