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      (1936) [1] Come Bradamante domanda poi Ruggiero per mezzo di Ferraù (st. 75-79), così, nell’Aspramonte in rima che s’ha a stampa (c. VII), Ruggieri, abbattuto Maldachino, gli dice di mandargli Almonte. Questi non viene se non dopo altri abbattimenti; e allora ben tre volte gli accade di essere scavalcato, tornando sempre con insegne diverse, come fosse altra persona. Però Ruggieri, che s’è accorto dell’inganno, lo svillaneggia: (VIII, 79) «Torna a tuo padre dispietato e fiero, Dì che mi mandi miglior chavaliero.» Cfr. Fur., XXXV, 67. Con minore opportunità potrebbe citarsi il poema inedito, V, 39 (f.o 13 r.o).
      (1937) [2] Nella Spagna (c. III) fanno minacce Astolfo, il Danese, Ulivieri. È probabile siano questi gli esempi che l’Ariosto aveva più presenti alla memoria.
      (1938) [3] Nei romanzi della Tavola Rotonda il nome non si suole invece domandare se non dopo. Ed anche allora parecchi cavalieri ricusano pertinacemente di palesarlo. Sicché di quei due versi, (st. 75) «Di questo Ferraù le satisfece, Ch’usò di rado di celarsi altrui», il primo risale ai romanzi del ciclo di Carlo, il secondo più specialmente a quelli del brettone, in quanto allude ad un costume peculiare agli Erranti.
      (1939) [4] V. pag. 59, e 223 n. 3.
      (1940) [5] Interrotto da Ruggiero. Quei due versi (XXXVI, 52), «Tu fai da discortese e da villano, Ruggiero, a disturbar la pugna altrui», somigliano a certe parole del Tristan (I, f.o 117, LÖSETH, p. 58). «Vos ne fetes mie qe cortois, qi me voulez tollir ma bataille», dice Meleagant a Lancilotto.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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