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      ... L’erudito si diede a ricercare le fonti d’un poeta, non già col superiore intendimento di scrutare come quel poeta avesse trasfigurato e rifatto nella propria coscienza quelle forme anteriori, ma soltanto con la speranza pettegola» (o a chi s’allude?) «di negare a quel poeta la fantasia. Quasi che la fantasia d’un poeta consista nella facoltà elementare e puerile che tutti gli uomini hanno e che si chiama propriamente invenzione, e non piuttosto nella potenza di generare un fantasma, d’incarnare un concetto estetico!» (Il Metodo. Discorso inaugurale d’un insegnamento di letteratura italiana nella R. Università di Palermo. Catania, 1899. A p. 18.) Molto diversamente giudicava Aug. Guglielmo Schlegel: «Le génie de l’invention est bien rare; le talent de développer, de varier, d’orner même, est beaucoup plus commun.» (Lettre a M. Silvestre de Sacy sulle Mille e una Notte; a p. 543, se ricorriamo al volume Essais littéraires et historiques, Bonn, 1842.)
      (2335) [1] Sul serio non si può prendere l’«Anonimo di Utopia», cioè quel cervello bislacco di Ortensio Lando, che nella Sferza de’ Scrittori antichi et moderni, Venezia, 1550, carte 21 r.o, dice del Furioso: «E qual cosa è in questo poema che non sia, non voglio dir imitatione, ma puro furto? Il titolo è di Seneca....» (V. pag. 67 n. 2.) «… Le comparationi sono d’Ovidio, di Catullo, di Tibullo e di Virgilio e l’istoria è de’ scrittori provenzali». La Sferza è menata capricciosamente contro tutti i grandi, principiando da Platone; e deponendola si dichiara di aver parlato «da scherzo e non da senno»; il che nondimeno non è neppur esso da ammettere senza riserve.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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