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      Dipoi, navigando via di là, venimmo in un altro fiume grande e largo, pieno di cocodrilli e di cavalli marini; di qui volgendoci di nuovo a drieto, ritornammo a Cerne.
      Navigammo poi di là per dodici giornate verso mezogiorno, non ci allontanando troppo dalla costa, la qual tutta era abitata dai Negri, che senza punto aspettarci da noi si fuggivano, e parlavano di maniera che neanche i Lixiti che erano con esso noi gl'intendevano. L'ultimo giorno arrivammo ad alcuni monti pieni di grandissimi arbori, i legni dei quali erano odoriferi e di varii colori. Avendo noi adunque navigato due giorni presso di questi monti, ci trovammo in una profondissima voragine di mare, da un lato del quale verso terra vi era una pianura, dove la notte vedemmo fuochi accesi d'ogn'intorno, distante l'uno dall'altro alcuni piú alcuni meno.
      Quivi avendo fatto acqua, navigammo presso di terra piú avanti cinque giornate, tanto che giugnemmo in un gran colfo, il quale gl'interpreti ci dissero che si chiamava il corno di Espero. In questo vi era una grande isola, e nell'isola una palude che pareva un mare, e in questa vi era un'altra isola: nella quale essendo noi dismontati, non vedevamo di giorno altro che boschi, ma di notte molti fuochi accesi, e udivamo voci di pifferi e strepiti e suoni di cembali e di timpani, e oltra di ciò infiniti gridi. Di che noi avemmo grandissimo spavento, e i nostri indovini ci comandarono che dovessimo abbandonar l'isola; onde velocissimamente navigando passammo presso di una costa di odori, dalla quale alcuni rivi infocati sboccavano in mare, e nella terra per l'ardente caldezza non si poteva camminare.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Primo
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1094

   





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