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      V'era presente anche un pittore veneziano che si chiamava Nicoḷ Brancaleone, che era piú di quaranta anni che egli stava in questo paese e sapeva benissimo la lingua abissina, persona molto onorata, ricchissima e gran signore di un gran paese con molti vassalli, ancora che egli fosse pittore. Questo era l'interprete a questi canonici e preti, e diceva lor della messa nostra il Kirie eleison, la Gloria e il Dominus vobiscum, che in lingua abissina si dice «Calamelos», e cosí della Epistola e dell'Evangelio. Questi canonici dieron fama per tutto il campo di questo ufficio di messa, che mai non avevano udito una tale, e che ogni cosa era benissimo fatto, eccetto che un solo diceva la messa e che non davano la communione a quanti stavano a quella.
      In questo medesimo giorno di domenica, essendo noi andati a dormire, il Prete ne manḍ a chiamare; e arrivati alle prime cortine, ne fecero vestire tutti riccamente ed entrare nella presenza del Prete, il qual sedeva sopra il tribunale con tutti quelli medesimi modi che egli stava prima. E quivi ne fece dire di molte cose, e fra le altre che li franchi che erano nella corte potevano andarsene alla buon'ora, e l'ambasciadore insieme con la sua compagnia, e che vi restasse un franco nominato Nicoḷ Muzza, che per lui mandaria le lettere, le quali avevano da esser fatte d'oro, e che per questo non poteva scrivere cosí presto. Rispose l'ambasciadore che non si voleva partir senza la risposta, la quale aspettaria tanto tempo quanto piacesse a sua Altezza, supplicandola che volesse espedirla in tempo che egli potesse trovar l'armata del capitano in Mazua.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Secondo
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1307

   





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