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      Quivi era infinita moltitudine di cherichi, che, come fu al mutare le ossa di suo padre, non facevano altro che cantare, ballare e saltare, e con questo saltare sempre si toccavano i piedi con le mani, ora uno ora l'altro. Ed essendovi stati un gran pezzo, ne mandò a dimandare se nel nostro paese cantavamo in questa maniera; gli rispondemmo che non, perché il cantare nostro era piú quieto, piano, cosí delle voci come del corpo, perché non ballavamo né ci movevamo punto. Ne replicò se, poi che il nostro costume era tale, ne pareva che il suo fusse malfatto; gli mandammo a dire che le cose di Dio, in ciascuna maniera che si facciano, sempre parevano ben fatte. Finito questo ufficio, cominciarono andare all'intorno della chiesa XXV croci con XXV turriboli, perché portano la croce con la mano sinistra, quasi come bordone, e il turribol nella destra, quivi gittando dell'incenso senza alcun risparmio a piú potere: e sopra li gradi dove noi stavamo vi erano due bacili di ottone molto grandi, indorati e lavorati di buril, pieni d'una sorte d'incenso piú odorifero che non è quello che si porta in queste parti, e ogni fiata che passavano ne gittavano nelli turriboli gran quantità. E questi che andavano intorno erano vestiti di vestimenti molto ricchi e cappe fatte secondo il lor uso, similmente erano quelli che ballavano e cantavano; vennero ancora a questo ufficio molte mitre fatte a lor modo.
      Dal luogo dove noi stavamo ci fecero partire e andare dall'altra banda della chiesa, dove si canta la Pistola, perché in quella parte erano le reine, cioè la madre del Prete e la sua moglie, ciascuna nel suo sparavier bianco.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Secondo
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1307

   





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