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      Ma dapoi, veduta la città esser presa dalli Macedoni, temendo che non fussero fatti schiavi, umilmente pregarono Nearco che perdonasse loro e conservasse la città, essendo contenti ch'egli pigliasse quante vettovaglie volesse. Nearco comandò ad Archia che pigliasse le porte e li muri propinqui, e fra tanto ordinò che alcuni altri andassero guardando se portavano tutte le cose da mangiare che avevano, over se le nascondevano. Gli fu appresentata una gran quantità di farina di pesci secchi, ma di formento e orzo molto poca: usano quelle genti il mangiar di pesci per cibo vulgare, e il pan di formento per cosa delicata.
      E cosí, fornitosi di vettovaglie meglio che poterono, si partirono e andarono ad un certo capo, il quale gli abitanti dicono esser consacrato al sole, il cuo nome era Bagia. Levatisi di là circa la mezzanotte, fecero cammino di stadii mille fino in Talmena, che è porto commodissimo, e di là poi navigarono stadii trecento fino in Canasida, città disabitata, ove trovarono un pozzo e molte palme selvatiche, il molle e tenero delle quali pestandolo mangiavano. E già all'esercito cominciavano a mancar le vettovaglie ed esser travagliato dalla fame, e avendo navigato tutto un giorno e tutta una notte, non molto lontani da un lito disabitato, e gittate a fondo le ancore, stettero surti: e questo fece Nearco perché sentiva che cominciava a mancar l'animo alle ciurme e alli soldati, e però non volse accostarsi al lido, temendo che non abbandonassero l'armata.
     
     
      Di Canate, Trissi e Dogasira, luoghi cosí chiamati.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Secondo
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1307

   





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