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      È verso levante una città chiamata Ozene, dove già era la sedia del regno, e dalla quale tutte quelle cose che sono per far abondanza nel paese, e per conto della nostra mercanzia, si portano a Barigaza: pietre onichine e murrine, e lenzuoli indiani, e molochine, e assai tele communi. E per mezzo di questa si conduce dai luoghi di sopra il nardo portato da Proclida, detto cattiburino e patropapige, e la cabalite, e della vicina Scizia il costo e il bdellio. Conducesi a questo luogo specialmente vino italiano e laodiceno e arabesco, e rame e stagno e piombo, e corallo e crisolito, vesti semplici e contrafatte di diverse sorti, e cintole di molti fili lunghe un braccio, storace, meliloto, vetro non lavorato, sandarace, stimmi, moneta d'oro e d'argento, la quale si cambia con uno certo che è di guadagno con la moneta di quel luogo. Vi si porta anche una cosa odorifera, né di molto pregio né in gran copia. In quel tempo presentano al re vasi d'argento di gran valore, instrumenti musichi, e donzelle bellissime per concubine, e vino di diverse sorti, e vestimenti semplici e di gran prezio, e cose odorifere di molta eccellenza. Cavasi da questi luoghi nardo, costo, bdellio, avorio, pietre onichine, mirra, licio, e diverse sorti di tele e di seta, e molochine e seta in matasse, e pepe lungo, e cose che si portano da altre fiere. Quei che di Egitto si partano a debito tempo, arrivano a questa fiera nel mese di luglio, chiamato epifi.
      Dopo Barigaza, subito la terra ferma che seguita da tramontana si estende verso ostro, e perciò il paese è chiamato Dachinabade, imperoché dachano nella lor lingua significa ostro.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Secondo
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1307

   





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