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      Che nell'Indie non v'è peste né altre malattie, e dell'infinito popolo che vi si trova, e della virtú d'un arbore che si trova nella Giava maggiore.
     
      Non v'è mai peste nell'Indie, né essi sanno gran parte di quelle malattie e infermità che nelle parti nostre tormentano gli uomini, di che n'è cagione il modesto e astinente vivere: e per tanto le genti e popoli in quelli paesi sono infiniti, e piú di quel che l'uomo si possa imaginare, e molte volte si ritrovano in una guerra piú d'un milione d'uomini. E narra aver veduto un fatto d'arme, dal quale i vincitori riportarono a casa per trionfo dodici carra carichi di cordoni d'oro e seta, ch'aveano levati dai capi de' morti, co' quali si sogliono legar i capegli sopra la coppa; e dice anco essersi trovato con loro in battaglia solamente per vedere, ed essendo stato ricognosciuto per forestiere, cosí una parte come l'altra lo lasciarono andare in pace.
      E nell'isola maggior di Giava dice aver inteso che vi nasce un arbore, ma di rado, in mezzo del quale si trova una verga di ferro molto sottile, e di lungezza quanto è il tronco dell'arbore, un pezzo del qual ferro è di tanta virtú che chi lo porta adosso, che gli tocchi la carne, non può esser ferito d'altro ferro: e per questo molti di loro s'aprono la carne e se lo cuciano tra pelle e pelle, e ne fanno grande stima.
     
     
      Della fenice, e come della sua morte rinasce; e quel che causa un pesce, che si piglia in un fiume detto Arotan, tenendo in mano.
     
      Quel che si narra dell'uccello detto fenice, diceva che non si dovea tener per favola, perché gli era stato affermato che negli ultimi confini dell'India interiore si trovava un uccello solo chiamato semenda, il qual ha 'l becco fatto a modo di tre flauti piccolini con i suoi busi congiunti insieme, e quando viene il tempo della sua morte, porta nel suo nido molti legnetti piccoli, sopra li quali ponendosi, con la melodia di quei flauti del becco canta cosí soavemente che porge mirabil diletto a chi l'ode: dipoi battendo fortemente l'ali accende 'l fuoco, dal qual si lascia bruciare, e della sua cenere fra poco tempo si crea un verme, dal qual rinasce poi detto uccello.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Secondo
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1307

   





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