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      Un lunedí mattina il messo del capitano con l'interprete se n'andarono a Zubut a trovar il re, il qual viddero venir in piazza accompagnato da molti suoi principali: e veduti li nostri se gli fece seder appresso, e poi gli dimandò s'era piú d'un capitano in questa compagnia, e se volevano che esso pagasse tributo all'imperadore. Li nostri referirono che non volevano altro, salvo che far mercanzia con essi, cioè barattar delle lor robbe con le loro, né altra cosa. A questo rispose il re ch'era contento, e che se 'l nostro capitano gli voleva esser amico, che gli manderia un poco di sangue del suo braccio dritto, e il simil faria ancor esso in segno d'amicizia: gli dissero che cosí faria. Dipoi il re disse che tutti li capitani che vengono in quel luogo si deono far presenti l'un con l'altro, e che il nostro capitano over esso doveva cominciare. Il nostro interprete gli rispose che dapoi che gli pareva voler conservar questa usanza, che esso dovesse cominciare: il qual cosí fece.
      Il martedí seguente il re di Messana, col Moro detto di sopra, se ne venne alle navi e salutò il capitano da parte del re, dicendogli che 'l detto faceva metter insieme piú vettovaglie che gli era possibile per fargli un presente; e dopo desinare mandò un suo nepote, con tre uomini de' principali, per far questa amicizia. Il capitano fece armar uno de' suoi con tutte l'armi, e gli fece dir che tutti quelli che combattevano erano di quella sorte: il Moro fu molto spaventato a veder questo. Il capitano gli fece dir che non si spaventasse, perché le nostre armi sono piacevoli verso gli amici e aspre contra gli nimici, e destruggono tutti gli adversarii e nimici della nostra fede: e questo fece acciò che 'l Moro, il qual mostrava esser piú astuto degli altri, lo dicesse al re.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Secondo
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1307

   





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