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      Disse anco che nella corte del suo principe s'avea notizia grande del paese del gran Cane del Cataio, per cagione delle guerre continue che s'hanno con li Tartari, la maggior parte de' quali danno obedienza al detto gran Cane come a suo supremo imperadore. E mostrava sopra detta carta per greco levante che, passata la provincia di Permia e il fiume Pescora, che gitta nel mar settentrionale, e alcuni monti grandissimi detti Catena Mundi, s'entrava nella provincia Obdora, dove è la Vecchiadoro, e dove è 'l fiume Obo, che sbocca pur nel detto mare, è l'ultimo termine dell'imperio del principe di Moscovia, il qual fiume nasce in un lago grandissimo detto Chethai, che è il primo luogo delli Tartari che danno tributo al detto gran Cane: e da questo lago il cammino di due mesi lontano si sapeva per certo, da Tartari presi in guerra, esservi la nobilissima città di Cambalu del detto gran Cane. E per tanto, fabricati che fussero li navili sopra il detto mare, chi li facesse andar dietro la costa, la qual per molte relazioni fatte altre volte alla presenzia del suo principe sapeva certo correr greco levante infinitamente, e andando drieto quella, facilmente si veniria a scoprir detto paese. E quivi si stese a dire ch'ancora che vi siano grandissime difficultà nella Moscovia, percioché il cammino che va verso detto mare è tutto foltissimo di selve piene d'acque, che nella state fanno grandissime paludi e impossibili a penetrarli, e anco delle vettovaglie, che non si trovano per spazio non di giornate ma di mesi, non v'essendo abitatori, nondimeno diceva che, quando appresso il suo principe fusse un par d'uomini spagnuoli o portoghesi, li quali avessero il carico di questa impresa e fussero obediti, non dubitava punto, anzi teneva per certo, che lo discopririano, perché con l'ingegno grande e pazienzia inestimabile propria di quella nazione supereriano tutte le difficultà sopradette, le quali sono minime a paragone di quelle che egli ha inteso che hanno passate e passano ogni giorno nell'Indie.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Secondo
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1307

   





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