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      In altre bande dove sono alcune lagune si mettono insieme ducento uomini a evacuar la metà dell'acqua, e nel fango che cavano trovano l'oro, secondo che la terra è abbondante di esso. E se la gente fosse desiderosa e cupida se ne averebbe grande quantità, ma la gente in questa parte di cavarlo è tanto pigra e ignava, o per dirla meglio cosí poco desiderosa, che una gran fame bisogna che sia quella che facci che uno di quelli negri lo vada a cavare. E per aver l'oro da detti negri, gli altri Mori che sono fra queste genti in questo traffico usano un artificio per farli desiderosi e cupidi, percioché vestono quelli con le moglieri di panni, e li danno paternostri di vetro di diversi colori e altre bagattelle delle quali loro si dilettano, e dapoi che gli hanno contentati li dicono darli tutto in credenza, e che vadano a cavar l'oro, e che dapoi fra un certo termine li pagheranno quelle robbe che hanno avuto, di maniera che con questa arte di darli in credenza li fanno cavar l'oro, e sono cosí fideli che mantengono sempre la sua parola.
      Hanno altre mine in un paese che chiamano Toroa, che per altro nome si chiama il regno di Butua, del quale è signor un principe chiamato Buro, vassallo di Benomotapa, il qual paese è vicino a quello che abbiamo detto esser di campagne grandi, e queste mine sono le piú antiche che si sappiano in quel paese, tutte in campagna, nel mezzo del quale è una fortezza quadra tutta di pietra dura per dentro e di fuora molto ben lavorata, di pietre di maravigliosa grandezza, senza che si possa veder fra l'una e l'altra calcina.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Secondo
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1307

   





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