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      Questo palagio è cosí ricco che niuno potrebbe giamai esplicare la valuta di quello. Sono ancora in questa isola perle infinite le quali sono rosse, ritonde e molto grosse, e vagliono quanto le bianche, e piú. E in questa isola alcuni si sepeliscono quando son morti, alcuni s'abbruciano, ma a quelli che si sepeliscono vi si pone in bocca una di queste perle, per esser questa la loro consuetudine. Sonvi eziandio molte pietre preciose.
      Questa isola è tanto ricca che per la fama sua il gran Can ch'al presente regna, che è Cublai, deliberò di farla prendere e sottoporla al suo dominio. Mandò adunque duoi suoi baroni con gran numero di navi piene di gente per prenderla, de' quali uno era nominato Abbaccatan e l'altro Vonsancin, quali, partendosi dal porto di Zaitum e Quinsai, tanto navigorno per mare che pervennero a questa isola. Dove smontati, nacque invidia fra loro, che l'uno dispregiava d'obedire alla volontà e consiglio dell'altro, per la qual cosa non poteron pigliare alcuna città o castello, salvo che uno che presono per battaglia, però che quelli ch'erano dentro non si volsero mai rendere: onde, per comandamento di detti baroni, a tutti furono tagliate le teste, salvo che a otto uomini, li quali si trovò ch'avevano una pietra preciosa incantata per arte diabolica cucita nel braccio destro fra la pelle e carne, che non potevano esser morti con ferro né feriti. Il che intendendo, quei baroni fecero percotere li detti con un legno grosso, e subito morirono.
      Avvenne un giorno che 'l vento di tramontana cominciò a soffiar con grande impeto, e le navi de' Tartari, ch'erano alla riva dell'isola, sbattevano insieme.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Terzo
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1136

   





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