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      Il signore de' Tartari non dà loro pagamento alcuno, anzi fa di mestiero che vivino de' bottini e cacciagioni che s'acquistano; e, volendo, il signore può lor torre tutto quello ch'hanno. Quando i Tartari cavalcano, menano seco gran moltitudine di bestiame; e bevono latte di cavalle e mangiano poi le carni, le quali reputan essere molto buone. Sono a cavallo molto destri e ottimi arcieri; a piedi non sanno andare se non pigramente. Sono astuti e ingeniosi a espugnar le città e castelli; vogliono sempre aver questo avantaggio contra i loro nemici, che nella battaglia non si vergognano di fuggire se vien loro ben fatto, che, trovandosi sopra il fatto del combattere, se vogliono combattono, se anche vogliono schifar la battaglia, gli aversarii non li possono constringere a combattere. La battaglia loro è molto pericolosa, perché in un assalto de' Tartari piú ne muore e piú ne son feriti che in un altro gran fatto d'arme d'altra nazione: e questo accade per le saette che tirano con archi forte e a segno, e sono nell'arte del saettare tanto buoni maestri che i loro strali trapassano quasi ogni sorte d'armatura. Quando vengono sconfitti fuggono in brigata e in schiera, e il seguirli è molto pericoloso, perché fuggendo tirano adietro le freccie, con le quali feriscono gli uomini e i cavalli, e gli ammazzano; e se veggono i nemici disordinati, di subito si rivolgono verso quelli e gli ammazzano.
      L'oste de' Tartari non è di grande apparenza, perché vanno ristretti in modo che mille di loro non appaiono una squadra di 500. Accarezzano i forestieri, dando loro volentieri da mangiare, ma vogliono in viaggio sia similmente dato a loro, altrimenti se ne togliono per forza.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Terzo
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1136

   





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