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      Cotal parlare, con quel che a noi avea detto prima, mi fu molto dispiacevole; né dir altro si poté, salvo che far quanto egli comandava.
      Con questo ne licenziò, ed essendo noi per partire, ci fece soprastare insino alla mattina, per usare un'arte, sí come fece: la notte, per quel che noi sentimmo, fece che tutti li suoi pedoni andorno accosto d'una montagna, e la mattina fussimo fatti ridur sotto un padiglione in luogo alto, dove era uno del ruischason, che era quello che aveva la cura degli ambasciadori. E mostrando di parlar con noi di varie cose, ne disse: «Ecco che vengono di molti pedoni; voi arete tanfaruzzo (cioè piacere) a vedergli». Li suoi schiavi dicevano: «Questi che vengono sono gran summa, ma quelli che resteranno sono ancora assai». Passavano per costa d'una montagna, accioché li potessimo ben vedere; passati che furono, dicevano fra loro che potevano esser da diecimila. Volemmo intendere il tutto, e fussimo accertati esser quei medesimi pedoni che vennero con sua signoria: e fecelo solo a fin che cosí avessimo da riferire. Fatto questo ne diede le lettere, e tornammo ne' nostri padiglioni. Io, parlando con diverse persone, e anco insieme col magnifico messer Iosafa Barbaro, per intendere quanti cavalli potevano esser con sua signoria, cioè da fatti, intesi che erano da ventimila, ma fra buoni e cattivi da 25 mila. Di altri apparecchi non viddi altro, salvo che aveano alcuni pezzi di tavola un passo lunghi, con due pironi di ferro da ficcare in terra, assai deboli.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Terzo
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1136

   





Iosafa Barbaro