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      Poi per il detto Marco mi fu detto che ne voleano vendere in bazarro, ma per suo mezo, con alcuni mercanti che doveano venir in Moscovia, dopo li molti affanni e pericoli che fummo assai giorni, fu ridutta la cosa in duemila alermi d'esser pagati al signore, senza l'altre mangiare date ad altri. E bench'io non avessi un soldo, furno pur trovati li detti danari da' Rossi e da' Tartari mercanti che venivano in Moscovia, con grandissima usura e con la sicurtà fattami dal detto Marco. La cosa del signore per l'accordo fatto pur era alquanto cessata, ma il can comerchier, quando Marco nostro non era in casa, veniva e buttava giú la porta del luogo dove stava, con voce maladetta minacciando di farmi impalare, dicendomi ch'io avea gioie assai, onde mi fu forza strangolarlo il meglio si poté. Molte e molte volte venivano anco alcuni Tartari la notte, ubriachi d'una vivanda che fanno di mele, gridando che voleano li Franchi, che non è cuor d'uomo che non si fusse spaventato, e con qualche cosa di nuovo ci conveniva farli tacere. Stemmo nel detto luogo dal primo di maggio fino adí 10 d'agosto, che fu il dí di s. Lorenzo.
      Il detto luogo di Citracan è di tre fratelli, che sono figliuoli d'un fratello del presente imperadore de' Tartari, che sono quelli che stanno per le campagne della Circassia e verso la Tana. La state vanno per li caldi alli confini della Rossia, cercando li freschi e l'erba; e questi tre fratelli stanno in questo luogo di Citracan qualche mese del verno, ma la state fanno come gli altri.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Terzo
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1136

   





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