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      Passano li fiumi, e se per sorte li fuggitivi Tartari la potenza e forza de' nimici temessero, gettate via le selle, le vesti e tutti gli altri impedimenti, e solamente l'armi ritenute, velocemente fuggono.
      L'armi loro sono gli archi e le freccie; la lancia appresso di quelli è rara. Audacissimamente cominciano la guerra con i lor nimici, nella quale nondimeno non longo tempo durano, ma, fingendo di fuggirsene, e data l'occasione alli nimici, dalle spalle gettano l'armi, cioè le freccie, contra di quelli; e dapoi, all'improviso rivoltati li cavalli, nelli sbandati nimici fanno impeto. Quando nelli spaziosi campi è da combattere e ch'hanno il nimico non piú lontano che un tiro di freccia, non con la squadra ordinata cominciano la guerra, ma con un certo squadrone tortuoso nel girare, accioché la via del gettar le freccie contra il nimico sia piú certa e piú libera. E certo di quelli che vanno e di quelli che ritornano è un certo ordine maraviglioso, e in questa cosa hanno capitani li quali essi seguitano, molto periti e sofficienti. Li quali se per sorte o ver feriti dall'armi de' nimici mancassero, o ver, per paura percossi, nel condurre l'ordine loro errassero, con tanta confusione e tanta perturbazione di tutto l'esercito si fa che non piú in ordinanza possono essere ridotti, né piú le freccie e armi loro possono gettare contra li nimici. Questa sorte di combattere quelli dalla similitudine della cosa chorea, cioè simiglianza di ballo, chiamano. Se per sorte ne' luoghi stretti è da combattere, nissun uso di quest'astuzia è a quelli: e però subito si mettono in fuga, percioché né col scudo né con la lancia né con altro sono muniti e fortificati, che possano nella cominciata battaglia sostener il nimico.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Terzo
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1136

   





Tartari