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      Lasciamo in quella botte 800 di malvagia, assai odoriferi cipressi lavorati, pevere e gengevo per non poca valuta, e altre assai ricche robe e mercanzie. Come dicemmo in quel giorno mutammo fusta, ma non però fortuna, conciosiaché nella sopravenente longhissima notte, che fu il martedí al far del mercore, il vento da levante e scirocco tanto rafrescò che la misera nostra conserva, qual era nel schiffo, si smarrí da noi, né piú sapemmo qual fusse il lor fine. E noi, dalla forza del mare e dell'onde vedendoci soperchiare, per esser stracargati, ci mettemmo per ultimo remedio a libar, e per slungarsi la vita ci privammo della causa del vivere, peroché in quella notte gettammo gran parte di cibo e vino ch'avevamo, e alcune delle vestimenta nostre e altri instrumenti necessarii a salvamento della fusta. Pur piacque a Dio per salute di noi 11 rimasti in vita, che la fortuna il sequente giorno di 18 cessò, onde drizzammo la prova alla via di levante stimando di ritrovar il piú prossimo terren dell'isola d'Irlanda a capo di ponente. Ma, non possendo continuar in quel cammino, per la mutabilità di venti che venivano or a greco or a garbino, discorrevamo con poca, anzi nulla speranza di preservarci in vita, per mancamento massime del bere.
      Or qui è da far intendere gli amarissimi casi per li quali numero di 47 ch'entrorno nella barca cominciò a mancare: e prima, per il martellar della misera barca aveva patito nel travaglio della nave, la si era alquanto risentita e faceva acqua, e di continuo a sette per guardia scambiandoci eravamo astretti a votarla e star al timon per governo, con grandissimo freddo; secondariamente per il mancar del vino, che in poca quantità n'era rimasto, fu necessario di ponerli ordine, pigliandone il quarto d'una tazza (non però grande) due volte tra il giorno e la notte, ch'era una miseria.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quarto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 837

   





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