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      Con alcuni della miserabil compagnia, contenendosi, ci ponemmo a bere dell'urina nostra, cagion potissima di preservarne in vita. E per non patir maggior siccittà m'asteneva di mangiare se non pochissimo, perché d'altri cibi non avevamo che di salmastri. Nel qual miserrimo stato continuassemo per giorni cinque, e adí 4 di zenaro avanti il far del giorno, navicando con suavissimo vento per greco, uno de' compagni che si trovava verso la prova vidde quasi ombra di terreno avanti di noi sotto vento: il quale con voce ansiosa cominciò ad annunciarne quel che li pareva, sí che tutti bramosi di tanto bene con gli occhi attenti guardammo verso quella parte. E per non esser ancor sopravenuto il giorno, rimanemmo per fin che la chiarezza ne certificò esser terra, con grandissima allegrezza.
      Adunque, reassumendo vigor e forza, pigliammo i remi per approssimarsi al tanto desiderato terreno, ma per la molta distanzia e per la brevità del giorno, qual era di spazio d'ore due, quello perdemmo di vista; né potemmo usar troppo i remi per debolezza, e quella lunghissima notte dimorammo con non poca speranza. E sopravenuto il dí sequente, smaritosi il detto terreno dal veder nostro, di sotto il vento ne vedemmo un altro montuoso e assai piú prossimo, in modo che ne parve di poter piú facilmente smontar in quello che nell'altro per avanti veduto. Quello adunque tollemmo a segno col bossol nostro, per non smarrirlo la notte sequente, e con le vele in poppa cacciando il vento, a circa ore quattro di notte giugnemmo sotto il detto terreno, al qual accostandosi ci trovammo esser circondati da molte secche, come dimostrava il romper dell'onde: né è cosa alcuna piú paurosa al marinaro che a sequaro di terra trovarsi di notte in luoghi incogniti, e però il gaudio e conforto nostro si convertí in desperazione ed estrema mestizia, onde piangendo ci raccomandavamo a Dio e alla Madre sua, fido soccorso de' peccatori.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quarto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 837

   





Dio Madre