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      Poi, vedendo incrudelirsi piú la fortuna, la qual faceva fregar tanto la detta tortizza alla banda della nave che li fili eran frusti, e la tortizza fatta debile che piú non poteva durare, e perdendo ogni speranza di ritegno, ne parse di tagliarla. E cosí facemmo, lassandola insieme con il ferro nel mare; e la nave in abbandono andava dove la furia di venti e mare la menava, con grandissimo spavento di cuori nostri.
      Adí 29 detto, non cessando per modo alcuno la fortuna, anzi tutt'ora crescendo, un groppo di vento sforzevole piú dell'usato ci levò via la seconda vela dell'antenna, onde tutti attoniti e smariti ci sforzammo di nuovo, delle strazze della prima e di questa seconda, di avilupparne un'altra, piú presto segno che vela, e la mettemmo meglio che fu possibile sopra l'antenna, con la quale andammo errando or qua or là, dove il mar ne portava, fin alli 4 di decembre, che fu il giorno di santa Barbara.
      Alli 4 di nuovo s'incrudelí tanto la rabbia del vento che ne portò via del tutto questa terza vela, e cosí nudi e spogliati di vela e timoni andammo alla ventura fino alli 8 dí, sempre errando senza saper farli provisione alcuna per la salute nostra. Dapoi sempre crescette il vento di levante, e con tanto impeto e forzo che 'l mar si cominciò a levar cosí alto che l'onde parevan montagne, e molto maggiori che mai per avanti le avessimo vedute, con l'oscurità della notte lunghissima, che pareva ch'andassimo nel profondo d'abisso. Qui si può pensar quanta era l'angustia e tremor nei nostri cuori, perché, ancor che fussimo vivi, ne pareva in quel instante esser morti, aspettando ogn'ora la morte, la qual vedevamo presente.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quarto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 837

   





Barbara