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      Nelle fabriche del monistero non si serveno di altra materia che di quella stessa che porta lor il fuoco, perché tolgono le pietre ardenti, che a similitudine di faville escono dalla bocca dell'arsura del monte allora che sono piú infiammate, e buttano lor sopra dell'acqua, per la quale si apreno, e fanno bitumo o calcina bianchissima e molto tenace, che, posta in conserva, non si guasta mai. E le faville medesime, estinte che sono, serveno in luogo di pietre a far i muri e i volti, perché, come si raffreddano, non si possono piú disfare o rompere, se per aventura non sono spezzate dal ferro; e i volti fatti di quelle sono in maniera liggieri che non hanno bisogno di altro sostentacolo, e durano sempre belli e in concio. Per queste tante commodità v'han fatto quei buon padri tante abitazioni e muraglie che è uno stupore a vederle. Il piú de' coperti che vi sono si fanno in questo modo, che tirato il muro fin alla sua altezza, lo vanno a poco a poco avanzando sopra il volto, tanto che nel mezo forma un giusto piover; ma di pioggie non ci si teme troppo in quelle parti, perché per essere il polo, come s'è detto, freddissimo, caduta la prima neve non si disfà piú, se non passati i nove mesi dell'anno, che tanto tra lor dura il verno. Viveno di salvaticine e de pesci, percioché dove entra l'acqua tiepida nel mare v'è il porto assai capace e grande, che per l'acqua che bolle di verno non si congela mai; laonde c'è tanto concorso di uccelli marini e di pesci che ne prendeno un numero quasi infinito, col quale fanno le spese a un gran popolo ivi vicino, che tengono in continua opera, cosí nel tirar su le fabriche come nel prender gl'uccelli e il pesce e nel far mille altre cose che bisognano al monistero.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quarto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 837