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      Nondimeno, accioché non paresse che in tutto rifiutassero il commercio degli altri uomini, gli dicevano per conchiusione che volentieri averebbeno ricevuto un de' nostri e l'averebbono tra loro fatto de' primi, e questo sol per apprender la lingua mia e aver relazione de' nostri costumi, cosí come avevano già ricevuto quelli altri dieci d'altri diversi dieci paesi che all'isola erano venuti.
      A queste cose non rispose altro il nostro prencipe se non che, fatto ricercar dove ci era buon porto, fece vista di levarsi, e circondando l'isola si cacciò a piene vele con tutta l'armata in un porto mostratogli dalla banda di levante; nel quale fatto scala, discesero i marinai a far legna e acqua con quella prestezza che poterono maggiore, dubitando tuttavia di non esser assaltati dagli isolani. Né fu vano il timore, perché quelli che abitavano al dintorno, facendo segno agli altri con fuoco e con fummo, si misero tosto in arme, e, sopravenendo gli altri, in tanto numero discesero al lito sopra di noi con arme e saette che molti restarono morti e feriti. Né valeva che si facesse segno di pace, che, quasi che combattessero della somma di tutte le cose, s'incrudelivano ognor piú. Per la qual cosa ci fu forza a levare e dalla lunga andar con un gran circuito grande intorno l'isola, essendo sempre accompagnati per i monti e per le marine da una moltitudine infinita di uomini armati. E cosí, voltando il capo dell'isola verso tramontana, trovammo grandissime seccagne, nelle quali per dieci dí continui fussemo in molto pericolo di non perder l'armata, ma per buona nostra sorte fu sempre bellissimo tempo.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quarto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 837